#360 Una storia italiana

Non è che quel tizio là, che non voglio neppure nominare, abbia il monopolio delle storie italiane. Sono storie italiane quelle di ciascuno di noi. Non occorre essere miliardari per raccontare la propria. Io, per esempio, che miliardario non sono, ma ricco sì, vi racconterò la storia molto italiana del mio Natale, che è avvenuto oggi, mica ieri come per tutti gli altri.

A costo di deludere qualche lettore, sono costretto a confessare che, dovendo scegliere, starei più dalla parte di Babbo Natale che di Gesù Bambino. Sì, lo so, il presepe, i Re Magi e la stella cometa… bello ma, in un’ottica appena un po’ meno mistica, cos’altro è il Natale se non una festa di condivisione e di incontro?

Così, siccome i miei ragazzi si liberavano oggi, per incontrarli ho spostato il Natale di un giorno. Che sarà mai! Un vantaggio per loro, che di Natali ne faranno due e si sentiranno amati un po’ più del solito per due giorni di fila…

Ma il Natale non basta evocarlo, bisogna prepararlo come Dio comanda, purtroppo appena mi sono guardato attorno ha capito che qualcosa non andava: potevo ricevere i miei ospiti – ospiti importanti come quelli – nel porcile che, anche a causa dei miei impegni fotografici, era diventata la mia casa? Assolutamente no, e dunque, di prima mattina, ci ho dato dentro di ramazza.

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Alla grossa, eh! dove passa il prete, tanto per capirsi… Poi mi sono dedicato al cibo. Roba fina, mica la solita sbobba.

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Ed eccoli qui i miei ospiti. Ve li presento:

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Questi sono, rispettivamente, Lorenzo, il figlio maggiore, quello che a Novembre sono andato a trovare a Bruxelles (#312 Altre priorità – e post seguenti), e la sua compagna Stèphanie.  Lorenzo, essendo il maggiore gode dei diritti di primogenitura. Sarebbe il mio erede al trono, se avessi un trono. Purtroppo per lui sono a malapena proprietario della sedia su cui siedo, ma siccome è molto comoda, intendo difenderla con le unghie e con i denti.

Questi qui invece sono più giovani, studiano ancora, ma dovrebbero laurearsi a Trieste l’anno che viene: sono mio figlio Adriano e la sua compagna Anna.

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E questa la conoscete già, è Sofia, figlia di Adriano e Anna nonché, per ora, mia nipotina preferita. In questa foto sembra particolarmente commossa, sembra quasi che stia per piangere, dev’essere per l’indicibile bontà della pralina di cioccolato che tiene in mano.

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Tacerò degli scambi di regali, del pranzo luculliano e delle chiacchiere che lo hanno costellato in quanto questi sono momenti privati del tutto simili a quelli che ciascuno di voi ha vissuto nell’ambito della propria famiglia. E passo direttamente al caffè, sovrano ordinatore di ogni digestione complicata.

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Il resto del pomeriggio è trascorso in allegria tra giochi e reciproci cazzeggi

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finché non è giunta l’ora di sciogliere la compagnia.
Chiusa la porta alle loro spalle, in casa è piombato il silenzio. Ma non il silenzio prodotto dalla mancanza di suoni o di rumori, ma quel silenzio particolare che indica una mancanza di presenza, ossia un’assenza di gente, di relazioni, di senso. Mi mancavano già.

Per consolarmi mi sono messo a lavare le stoviglie. Nel rumore che si produceva ad ogni collisione di piatti e bicchieri, nello sciabordio dell’acqua, avvertivo l’eco della loro visita.

20131226 12 151430 7029_wm stoviglie da lavare

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