Se questa mattina non avessi finito la bombola, avrei postato foto diverse da queste. Invece, proprio sul più bello, proprio mentre sto preparando la colazione, la fiamma si affievolisce fino a spegnersi del tutto.
Volevo fare un salto nello zoldano, che non è lontano, ma non è neppure ad un tiro di schioppo: ci vuole il suo tempo per andarci. E’ un piccolo viaggio, ed io ho bisogno di prepararmi mentalmente quando devo fare un viaggio, per quanto piccolo.
Perché viaggiare non significa soltanto trasferire il proprio corpo da un posto ad un altro utilizzando un qualche mezzo di locomozione. No, viaggiare significa predisporsi a guardare ed ascoltare, per essere poi capaci di vedere e intendere. Chi parte per un viaggio senza essere pronto, ricettivo, aperto, vede solo quello che vuol vedere, capisce solo quello che già sa o crede di sapere. Ma andare in giro così è una cosa da bambini, come quando da bambini, per l’appunto, ci bendavamo gli occhi per giocare a mosca cieca.
Era divertente inseguire chi ci scappava da sotto il naso punzecchiandoci e, una volta preso, tentare di riconoscerlo al tatto. Anche quello, a suo modo, era un piccolo viaggio poiché le finalità, a pensarci, sono le medesime. In entrambi i casi cerchiamo di uscire dal buio – causato da una benda provvisoria o da un’intima insicurezza – e aspiriamo a conoscere o riconoscere, distinguendo ciò che è uguale da ciò che è diverso per stabilire l’identità di chi ci circonda e quella delle persone e dei popoli che incrociamo. Pur sapendo che, alla fine, l’identità più preziosa, quella che vogliamo davvero conoscere e tutelare, è pur sempre la nostra.
Il viaggio, per quanto piccolo, significa questo: la possibilità di riconoscersi o meno nelle persone che si incontrano, di capire il senso dei luoghi, di ricostruire dentro di sé quello che si vede, insomma di mettersi in gioco, di “confrontarsi” e, in ultima analisi, di svelare noi stessi a noi stessi.
PS
Dopo aver messo in opera la bombola ed aver fatto colazione – anche la colazione è un valore da non sottovalutare – era ormai troppo tardi per mantenere il programma iniziale. Ho ripiegato dunque su un viaggio piccolo piccolo e ultra consueto: sono andato a Belluno. Ma la metafora del viaggio regge ancora: perché a volte si viaggia per scoprire e altre volte per avere delle conferme. Si potrebbe aprire un altro post su questo punto, ma non mi pare il caso. Le mie conferme di oggi, sono tutte in queste foto.
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